Una guida letteraria originale, una raccolta di reportage, impressioni e considerazioni che raccontano Napoli e la Campania vista attraverso i finestrini di treni, metropolitane e funicolari. Un viaggio insolito, arricchito di fotografie artistiche, in cui l'arte antica dei templi di Paestum incontra quella contemporanea del più famoso metrò dell'arte. Parole che rimbalzano su lettere di luce, mosaici, dipinti, fotografie, installazioni - da Kounellis a Kosuth, da Michelangelo Pistoletto a Lello Esposito, Carlo Alfano, Nicola De Maria e Betty Bee, solo per citarne alcuni - e definiscono una vera e propria mappa di quei luoghi che, grazie allo sviluppo di una formidabile rete di trasporti, da piccoli quartieri periferici o lontani centri suburbani sono diventati importanti agglomerati pronti ad accogliere migliaia di abitanti. E dove, più delle voci che si incontrano, delle strade brulicanti di automobili e pedoni, ciò che sorprende è la stupefacente mancanza di solitudine urbana.In viaggio
Passaggi letterari su ferro e su gomma
di Maurizio Braucci, Dominique Fernandez, Serena Gaudino, Antonio Ghirelli, Björn Larsson, Claudio Mattone, Fabrizia Ramondino, Tiziano Scarpa
Musiche di Marco Zurzolo
Con le testimonianze di:
Lucio Allocca, Mario Porfito, Monica Sarnelli, Gino Rivieccio
Produzione Pigrecoemme



Il nuovo film di David Fincher (Seven, Fight Club, Zodiac) con l'affezionato Brad Pitt e Cate Blanchett racconta di un uomo, Benjamin Button, che nel 1918 nacque ottantenne e cominciò a ringiovanire vivendo quindi una vita al contrario.

Accompagnato dall’ottimo risultato al botteghino e dalla sfilza di premi conquistati in patria (ben sette Goya, l’equivalente spagnolo del nostro David di Donatello), arriva anche qui in Italia “The Orphanage”, film che potrebbe chiudere un ipotetico triangolo iberico che su di un lato ha il “The Others” di Amenabar e sull’altro il “Fragile” di Balaguerò. Case infestate e fantasmi di bambini con problemi e handicap sono, dunque, una tappa imprescindibile per chi (in terra di Spagna) desidera cimentarsi col nuovo (?) horror; la qual cosa equivale (pure) ad affermare una sorta di dipendenza dal classico di Henry James “Giro di Vite” da parte di questa nuova generazione di cineasti. Prodotto da Guillermo Del Toro (col quale condivide una certa visione gotica, anche se per nulla fantasy), il debutto di Juan Antonio Bayona è un raffinato esercizio di stile assolutamente perfetto nella forma: luci, montaggio, movimenti di macchina. In effetti, il regista originario di Barcellona si presenta tecnicamente preparato e perfino talentuoso nel confezionare alcune sequenze quasi memorabili. Su tutte, il giochino dell’1, 2, 3, stella che la protagonista (una irreprensibile Belen Rueda) utilizza per far avvicinare i fantasmi dei suoi compagni d’infanzia. Assolutamente terrorizzante. Se si bada alla storia, però, non può che balenare in mente l’infinito elenco di citazioni, rimandi, ripescaggi, scopiazzature da altre pellicole celebri (“Poltergeist”, “Amityville Horror”, perfino “Bunny Lake è scomparsa” di Otto Preminger fin dagli splendidi titoli di testa in cui delle mani infantili strappano la carta da parati a fiori), tanto che perfino lo spettatore meno avvezzo riesce a prevedere molte delle biforcazioni tramiche del film (se non tutte). Addirittura quelle del finale, dolce e straziante panegirico sull’amore materno. Alla fine si resta comunque soddisfatti, soprattutto per l’inappuntabile confezione, ma si spera che la prossima volta le ottime capacità di Bayona vengano messe al servizio di uno script più originale e innovativo.
In chiave leggermente più da commedia, Danny Boyle realizza con The millionaire il Gomorra indiano.
Non possiede il sadico attacco alla società borghese ed i giochi metacinematografici finzione/realtà che elevano “Funny Games” del maestro Haneke a vetta indiscussa del genere. E non possiede neanche l’intensità cinetica che colloca “Them” del duo Moreau/Palud tra i migliori modelli a cui rapportarsi. “The Strangers” dell’esordiente Bryan Bertino lavora a piani più bassi in ambito Home Invasion, nuova (ennesima) etichetta per un sottogenere del thriller/horror che ha fin troppi antenati eccellenti (da “Cane di Paglia” di Peckinpah a “Arancia Meccanica” di Kubrick). Plot di una semplicità disarmante, che prende un po’ qua e un po’ là, bugdet risicato ma speso con oculatezza (se solo la Tyler c’avesse messo un po’ più d’impegno...), colonna sonora che per una volta contribuisce costruttivamente alla tensione entrando perfino a livello diegetico, sfruttando gioie e dolori del caro, vecchio, vinile. 
