di Ferdinando Carcavallo
La cosa che più mi ha infastidito di questo film è l'ostinazione con la quale si son volute prendere le distanze dalla versione di Ang Lee del 2003, peraltro superiore a questa di Louis Leterrier sotto molti aspetti. Tale dichiarazione di intenti è espressa attraverso le numerose e quasi ossessionanti citazioni della serie televisiva degli anni '70. A ben vedere, pero', l'Hulk di Edward Norton, benchè concepito interamente in casa Marvel, è meno "fumettistica" e cinematograficamente inferiore rispetto alla versione di Lee.
E' questo un classico filmaccio di azione tamarro all'americana, con la colonna sonora esageratamente enfatica dall'inizio alla fine e i dialoghi ridotti all'osso.
Gli effetti speciali non aggiungono nulla a quanto non abbiamo già visto se non al cinema sicuramente nelle console di videogiochi.
E' vero, il mostro verde compare a 10 minuti dall'inizio, parla e lo si chiama per nome, ma se questo è un vantaggio per lo spettatore under 16 (ma chissà...) non lo è per il pubblico che dal mix fumetti-cinema si aspetti qualcosa di diverso dal solito blockbuster d'azione.
Una pretesa piuttosto legittima visto che lavori come Spiderman (1 e 2), i Batman di Burton e Nolan ci hanno abituati a questo.
Impossibile per un film del genere dare una opinione sulla regia, sugli attori (nonostante la presenza di Norton, Tim Roth e William Hurt).
Simpatico il prologo in cui Tony Stark/Iron Man preannuncia la costituzione dei Vendicatori.





Realizzato nei week-end nell'arco di un anno, con numerose interruzioni per motivi più vari, il film è costato intorno ai 600 euro, andati tutti via tra pranzi, caffè e benzina. Il contenimento dei costi è stato possibile grazie alla collaborazione pro-bono di parenti (compaiono nel film sia la moglie Veronica, anche co-sceneggiatrice, che il padre) e amici ancora alle prime armi, come Jacopo del Santo e Paolo Riva, attori non professionisti ma che stanno crescendo proprio grazie a Omar, e la "letteronza" Valeria Sonzogni. 
Ecco. Questo, per esempio, sicuramente Paul Auster non lo fa. Ma nemmeno Faletti.






